lunedì 7 dicembre 2015

Paesi e territori con la guida a sinistra

Quando si pensa alla guida sinistra si pensa di solito al Regno Unito, ma in realtà i paesi o i territori in cui la guida è a sinistra sono assai numerosi.
Per molti come è evidente deriva dal fatto di essere stati colonie britanniche o comunque sotto l’influenza degli inglesi negli anni passati, ma per altri, come ad esempio il Giappone, non è così.
Ma perché allora si guida a sinistra? La spiegazione deriverebbe dal fatto che nell’ antico Medioevo i cavalieri dovevano viaggiare a sinistra per combattere i nemici che incontravano per strada impugnando la spada nella mano destra.
Alcune nazioni, come ad esempio proprio il Giappone, hanno pensato a cambiare il senso di marcia, ma messi di fronte ai costi da sopportare hanno desistito.
Ad Hong Kong invece si era pensato ad un raccordo a forma di otto percorrendo il quale si cambiava il senso di marcia fra chi arrivava dalla Cina ove si circola sulla destra ed entrava in Hong Kong ove si circola sulla sinistra e viceversa. Anche questo progetto non mi sembra abbia avuto un seguito.
Per chi si reca in una nazione con la guida a sinistra il problema maggiore sono i sorpassi se si utilizza la propria autovettura con la guida a sinistra. Se invece abbiamo un’auto a noleggio, come avviene più frequentemente, dobbiamo comunque fare attenzione quando ci immettiamo nella circolazione dalle piazzole laterali e più ancora quando ci immettiamo nelle sempre più frequenti rotatorie in quanto la forza dell’abitudine ci porta a commettere errori.
India - 2014
Infine anche quando attraversiamo le strade a piedi dobbiamo imparare a guardare in senso contrario a quello a cui siamo abituati.
Vediamo allora quali sono i paesi e i territori che hanno la guida a sinistra:
Antigua e Barbuda, Australia, Bahama, Bangladesh, Barbados, Buthan, Botswana, Brunei, Cipro, Dominica, Figi, Giamaica, Giappone, Grenada, Guyana, India, Indonesia, Irlanda, Kenya, Kiribati, Lesotho, Malawi, Malesia, Maldive, Malta, Mauritius, Mozambico, Namibia, Nauru, Nepal, Nuova Zelanda, Pakistan, Papua Nuova Guinea, Regno Unito, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Salomone, Seycelles, Singapore, regione di Somaliland nella Somalia, Sri Lanka, Sudafrica, Suriname, Swaziland, Tanzania, Thailandia, Timor Orientale, Tonga, Trinidad e Tobago, Tuvalu, Uganda, Zambia, Zimbabwe.
Hong Kong che appartiene alla Cina.
Montserrat che non è una nazione. Idem per Anguilla, Bermuda, isola Falkland, isola Cayman e Saint Helena.
India - 2014
Le Christ Islands che appartengono all'Australia, come le Cocos e le Cook Islands, Turks e Coicos. Guernsey, Jersey e Tokelau che appartengono alla Corona Britannica, come l'Isola di Man.
Macau che appartiene alla Cina.

Niue che è associata alla Nuova Zelanda. Le isole Norfolk e Pitcaim che fanno parte del Regno Unito.

sabato 5 dicembre 2015

Viaggiare ai tempi del terrorismo

Dopo i tragici attentati terroristici di Parigi dello scorso 13 novembre ho sentito dire a proposito di viaggi e spostamenti vari le idiozie più strane. Ne riporto alcune. ”Farò in modo di non andare più a Milano e a Roma” (mi chiedo perché si a Torino o a Firenze innanzi tutto e poi cosa dovrebbero eventualmente fare i milanesi e i romani!); “Non prenderò più la metropolitana”; “Non prenderò aerei per un bel po’ di tempo”; “A Natale anziché andare via come gli altri anni mi chiudo in casa”; “La prossima estate non vado più al mare in Francia come gli altri anni”. E potrei proseguire. Capisco bene che fatti come quelli successi colpiscano giustamente l’opinione pubblica e che sia inconcepibile che frange di delinquenti ignoranti più o meno organizzati, perché di questo si tratta, uccidano a caso senza ragione e limitino la libertà altrui. Ma è sempre buona regola essere razionali e non farsi prendere da facili isterismi. Consideriamo che le probabilità di essere vittima di un attentato terroristico per una persona normale anche che viaggi molto per lavoro o per diletto sono veramente molto basse, molto più basse che essere vittima per esempio di un normale incidente stradale percorrendo in auto anche una sola volta nella vita la distanza Milano-Roma con condizioni metereologiche perfette. Vale lo stesso discorso di quelli che dicono di non volare non perché soffrono di claustrofobia o altro, questo può essere comprensibile, ma perché hanno semplicemente paura. Basterebbe anche qui dare un’occhiata alle statistiche. Volare è 12 volte più sicuro che andare in treno, 60 volte più sicuro che andare in auto e 86 volte più sicuro che andare in moto. Certo, se cade un aereo, e sappiamo che può succedere, ci sono trecento vittime e la cosa ci colpisce parecchio, mentre al consueto incidente stradale quasi quotidiano con qualche vittima siamo più abituati. Se la vogliamo girare in positivo è come quelli che giocano al Superenalotto perché sperano di fare il 6+1. A me fanno un po’ di tenerezza. Ancora una volta la statistica può aiutare.    Supponiamo che tutti gli abitanti degli Stati Uniti, bambini compresi, abbiano un’utenza telefonica e di avere noi a disposizione tutti questi numeri di telefono senza sapere a chi appartengono ma sapendo solo che il prefisso degli USA è 001. Noi dobbiamo indovinare il numero di telefono di Sharon Stone e di George Clooney. E’ evidente a tutti che già è praticamente impossibile indovinare un solo numero, figuriamoci indovinarne due. Ebbene vincere al Superenalotto è ancora più difficile che indovinare entrambi i numeri perché le possibilità di vincita superano i 600 milioni mentre gli abitanti degli Stati Uniti sono 300 milioni. Mi si può obiettare che è giusto giocare comunque perché ogni tanto qualcuno vince: basta essere fiduciosi di poter indovinare entrambi i numeri di telefono in un sol colpo!
Ora io penso che a nessuno possa venire in mente di andare in vacanza in Afghanistan piuttosto che in Siria o in Iraq o in Libia o in Somalia o nello Yemen. Ed è anche giusto che potendo scegliere di andare al mare dove voglio eviti di andare in quei posti che confinano con stati o territori pericolosi dove incursioni terroristiche sono non solo possibili ma anche assai facili da attuare.

Capisco anche che il rischio zero non esista perché la certezza così come la perfezione non appartengono al nostro mondo, ma capisco altresì che non ha alcun senso rinunciare a spostarsi e a viaggiare in assoluto per quanto accaduto anche proprio perché per avere rischio zero devo non solo smettere di viaggiare ma anche di vivere.

lunedì 21 settembre 2015

Gli Italiani in aereo partono svantaggiati

Mi riferisco chiaramente ai voli intercontinentali. Vediamo perché. I nostri unici due aeroporti adibiti ai voli intercontinentali sono Milano Malpensa e Roma Fiumicino. Proviamo ad analizzarli iniziando con Malpensa.

Dopo che è stato costruito il Terminal 1 e che sono finalmente terminati i lavori di costruzione di tutte le infrastrutture di comunicazione e non solo, l’Alitalia, al culmine della sua pluriennale crisi, ha deciso di abbandonare Malpensa concentrando tutte le sue attività a Fiumicino per cercare di arginare i costi. Il suo posto è stato preso per qualche anno da Lufthansa Italia, ma poi anch’essa ha deciso di ripiegare sui due suoi hub tedeschi di Monaco e Francoforte abbandonando lo scalo milanese. La situazione attuale è che il vecchio Terminal 2 è in parte abbandonato ed in parte utilizzato dalla  sola compagnia low-cost  Easy-Jet  con bilance pesa valige tarate fra l’altro di circa un chilo a favore della compagnia stessa, come d’altro canto fanno spesso le compagnie low-cost che dal  supplemento bagagli ricavano buona parte dei loro incassi; e il nuovo Terminal 1 è  sotto utilizzato in generale e con i voli intercontinentali praticamente cancellati con l’ eccezione di pochissime destinazioni e comunque non più di due o tre volte alla settimana.
Verso la Patagonia - 2015
E veniamo a Fiumicino. Questo aeroporto quando è stato costruito negli anni sessanta era sicuramente all’avanguardia, ma da allora non sono praticamente quasi state fatte opere di ammodernamento e adeguamento a fronte di un numero di passeggeri cresciuto esponenzialmente. Ecco anche perché i disguidi, i ritardi e i mal funzionamenti sono così numerosi senza contare gli episodi più gravi come il terminal andato a fuoco. Se a Singapore può succedere che si perdano due o tre valige all’ anno, a Fiumicino in periodi come il mese di agosto se ne perdono anche due o tre mila in un giorno.
A tutto questo aggiungiamo la storica crisi dell’Alitalia che anche a Fiumicino ha drasticamente ridotto le tratte intercontinentali oltre a ritrovarsi fino a pochi anni fa con una delle flotte più vecchie al mondo fra le nazioni civili e solo da poco ha provveduto a rinnovare la propria flotta. Ma anche dopo il matrimonio con Ethiad non ha ancora provveduto ad implementare le destinazioni intercontinentali, anche se sembra averne l’intenzione, e continua a perdere circa un milione al giorno.
Ricapitolando, chi abita nelle regioni del nord per raggiungere le destinazioni situate nelle Americhe piuttosto che nei Paesi asiatici o nell’Africa sub-sahariana deve prima raggiungere, a seconda della compagnia di volo scelta, Francoforte o Monaco o Parigi o Londra o Zurigo o Vienna o Madrid o Amsterdam sobbarcandosi oltre alle 10–12 ore di volo intercontinentale almeno altre 5 ore fra attesa, volo e coincidenza .
Chi abita nelle regioni del centro-sud, ma non nelle vicinanze dell’aeroporto,  può scegliere di raggiungere Fiumicino con un volo interno  a suo rischio e pericolo di rimanere senza bagaglio per utilizzare solitamente  poi per la tratta intercontinentale vettori di compagnie estere che servono lo scalo romano così come ovviamente invece non servono Malpensa.
Ma attenzione che anche chi abita a Roma non pensi di poter sempre partire da Fiumicino senza fare almeno uno scalo!
Prendiamo ad esempio il Sudafrica, ossia non uno ”staterello” di second’ordine, ma bensì una nazione di una certa importanza sia dal punto di vista del turismo che degli scambi commerciali.
Ebbene sia che si parta da Milano o da Roma per andare a Johannesburg bisogna prima andare a Francoforte per prendere la Lufthansa o la South African Airlines o passare da Dubai con la Emirates per citare le soluzioni più rapide!

mercoledì 9 settembre 2015

PERU': una meta che merita


Se qualcuno mi chiedesse: “Voglio fare un viaggio un po’ diverso dal solito ove possa incontrare  natura, flora e fauna, visitare siti archeologici e musei, conoscere un’antica civiltà e un nuovo popolo senza trascurare folklore ed accoglienza”, lo potrei tranquillamente indirizzare in Perù. Non prima però di aver consultato il proprio medico in caso di problemi cardiaci o respiratori.
Perù 2010
Come tutti i paesi andini viaggiare in Perù vuol dire essere quasi sempre oltre i 3000-3500 metri di altezza e in alcuni casi anche oltre i 4000-4500. Il problema della neve non sussiste perché a quelle latitudini la si trova oltre i 5000 metri così come non è un problema  il freddo ,almeno nelle ore diurne, anche in quello che è il loro periodo invernale.
Per noi che non siamo abituati a quelle altezze i movimenti sono un po’ rallentati e la respirazione un po’ affaticata: fare una scalinata lunga o ripida piuttosto che una corsa vuol dire fare il doppio della fatica usuale. La gola e le narici sono sempre completamente secche. I popoli andini si sono abituati ovviamente a quelle altitudini e hanno sviluppato un alto numero di globuli rossi unito ad una cassa toracica allargata che li fanno al contrario patire un po’ quando scendono al livello del mare.
Gli alberghi sono comunque quasi tutti attrezzati a fornire ossigeno ai turisti che inizino a sentire dei fastidiosi mal di testa proprio per carenza di ossigeno.

Io ho visitato il Perù nel 2010 e non ho avuto particolari problemi con l’altezza anche se a Cuzco mi sono preso uno strano virus che mi ha portato febbre alta. 
Cuzco - Perù 2010

Tutti i locali mi dicevano: <devi masticare foglie di coca essiccata come facciamo noi per combattere l’altezza e facilitare la respirazione>. Io sono scettico di natura e poi non mi piaceva per nulla masticare quelle foglie secche di coca a disposizione sui buffet dei ristoranti degli hotel. Inoltre non avevo mal di testa e respiravo bene compatibilmente con l’altezza di 3400 metri. Poi mi hanno fatto notare che se proprio non volevo masticare quelle foglie, avevo anche la possibilità di utilizzare delle bustine, come quelle del nostro the, sempre contenenti foglie di coca essiccate e triturate da mettere in un po’ di acqua calda e volendo con un po’ di zucchero. Questa cosa mi è sembrata già più umana e devo dire che dopo un paio di bustine prese a distanza di qualche ora mi sono sentito molto meglio, la respirazione era più facile e mi hanno fatto anche un effetto digestivo. Chissà che servano davvero!

In Perù come tutti sono arrivato atterrando a Lima,
Lima - Perù 2010

la capitale, situata sull’Oceano Pacifico. Questa città  ha una caratteristica: non conosce la pioggia in nessuno dei dodici mesi dell’anno. Al massimo nel periodo invernale scende una specie di condensa come può  succedere anche da noi . Non servono canali di scolo, tombini o altro.
Il centro storico è ricco di monumenti e chiese ma soprattutto spiccano le  belle case coloniali. Ma il cuore pulsante della città si  sta spostando  nel nuovo quartiere in espansione  di Miraflores affacciato sull’Oceano e ricco di ristoranti, bar e locali molto frequentati da giovani oltre che di negozi e centri commerciali come sempre si conviene.
La tappa successiva del viaggio è  Cuzco, la capitale della civiltà Inca.

Sarebbe bene, se si avesse tempo, raggiungerla in bus in modo tale che il passaggio dal livello del mare a quota 3400 metri avvenisse in modo graduale e l’organismo si abituasse poco alla volta alla nuova condizione. Non è il mio caso che di tempo ne ho sempre poco e non solo vengo catapultato a 3400 metri, ma appena esco da Cuzco per qualche escursione nei vari siti arrivo  ben presto a 3800-4000 metri.
Machu Picchu - Perù 2010
A Cuzco è possibile acquistare un carnet per visitare i vari musei tutti attinenti alla civiltà Inca (ci sono oltre una dozzina di musei solo in città) e sempre da Cuzco si parte per andare a visitare la Valle Sacra degli Incas incontrando nel percorso i simpatici lama e alpaca entrambi della famiglia dei camelidi, gustando gli stupendi paesaggi andini ed attraversando paesini con i loro mercati locali e le variopinte bancarelle di artigianato locale per i turisti.

Cuzco è anche il punto di partenza che utilizzo per andare a visitare il Machu Picchu, una delle sette meraviglie del mondo moderno. Questo sito è situato a solo 2430 metri di altezza, ma e’ piuttosto complicato da raggiungere in quanto non vi sono strade che portino ad esso. Da Cuzco bisogna raggiungere una stazione ferroviaria di collegamento e poi prendere un treno. Il treno nelle alte stagioni deve essere prenotato con largo anticipo, mesi prima per intenderci, altrimenti addio Machu Picchu!. 
Ande - Perù 2010

Conviene prendere come faccio io il ”Vistadome” che costa un pochino più caro ma è  trasparente in alto così da permettere di vedere agevolmente il panorama durante il tragitto che termina nella cittadina termale di Aguas Caliente. A questo punto chi non vuole continuare a piedi prende degli appositi bus che salgono al sito. La prima vista che si ha è quella che non si dimentica più e corrisponde a quella della cartoline, ossia la vista dall’ alto dell’antica città degli Incas in una cornice fantastica tutta circondata di splendide montagne dietro una delle quali inizia la foresta amazzonica (che non si estende solo in Brasile ma anche in Perù, Colombia, Venezuela, Ecuador, Bolivia e Guyana).

Infine lasciando decisamente Cuzco e sposandomi più a sud raggiungo Puno sul Lago Titicaca, ossia il lago navigabile più alto al mondo situato ad oltre 3800 metri d’altezza che appartiene in parte al Perù ed in parte alla Bolivia.
Uros - Lago Titicaca - Perù 2010
Navigando sul lago si raggiungono le ”Islas Flotantes”, cioè le “Isole Fluttuanti” sulle quali vivono gli Uros, ossia un’antica popolazione pre–Incas. Questa popolazione vive appunto su queste isole mobili fatte di canneti ancorati sul fondo del lago. Anche le loro case e le loro imbarcazioni sono fatte di queste canne che crescono intorno al lago. Se qualcuno non va più d’accordo con gli altri abitanti dell’isola, taglia le canne attorno alla propria abitazione, le disancora e si sposta da un’altra parte.

Io credo che tutto questo e altro ancora possa valere un viaggio seppure non dietro l’angolo.

lunedì 24 agosto 2015

Le città più belle del mondo

Avevo scritto in precedenza che fare una classifica delle spiagge più belle del mondo non era possibile e  né aveva senso. In parte può valere anche per le città, ma se restringiamo il campo alle città più grandi ed universalmente conosciute si può tentare di abbozzare una classifica tenendo conto che il grado di soggettività è alto. Io voglio limitarmi a fare una classifica solo delle prime tre, tenendo però conto che di tutte le principali e più conosciute città del mondo mi resta da vedere Città del Capo che quindi rimane fuori classifica e che sarà una delle mete del mio prossimo viaggio in Sudafrica e Zimbabwe.
Al primo posto metto la città di Sidney
Sidney - Australia 2012
che sorge in una splendida baia naturale che a sua volta si dirama in altre baie più piccole, ha sette volte la superficie della città di Parigi ma con una densità di abitanti per Kmq assai inferiore ,comprende al suo interno molte spiagge belle e fruibili oltre a parchi e addirittura foreste, ha un clima piacevole tutto l’anno, ha un traffico sicuramente intenso ma sostenibile, ha un grado di inquinamento e un livello di delinquenza  sicuramente più bassi della media.
Rio de Janeiro - Copacabana - Brasile 2015
Rio de Janeiro - Corcovado
Brasile 2015
Al secondo posto di questa mia personale classifica metterei la città di Rio de Janeiro appena visitata e che mi ha piacevolmente sorpreso per la sua bellezza. Le cose in comune con Sidney sono la dislocazione anch’essa in una baia stupenda, la vastità di estensione anch’essa con   spiagge,  parchi e  foreste al suo interno e il clima buono tutto l’anno. In meno rispetto a Sidney vi è la qualità della vita a causa dell’inquinamento, del traffico e di un più alto tasso di delinquenza in parte compensati dall’ allegria e dalla vivacità degli abitanti. Inoltre le alture del Pan di Zucchero e del Corcovado dove sorge il Cristo Redentore,
Rio de Janeiro - veduta dal Pan di Zucchero - Brasile 2015
una delle sette meraviglie del mondo moderno, con la loro vista sulla città e sulla baia sono decisamente impagabili.
Al terzo posto metto la città di San Francisco. Anche questa, sarà un caso, sorge su una baia con il suo famosissimo Golden Gate. I saliscendi con i tram d’epoca sono le sua caratteristica più conosciuta, ma altrettanto conosciuto è il Pier 39, ossia il molo più frequentato con i suoi negozi e localini tipici. Non mancano anche qui i parchi e le aree verdi. Il traffico e l’inquinamento così come il clima durante l’anno sono accettabili.
San Francisco - Golden Gate - 1996
Andare oltre facendo una classifica mi sarebbe molto difficile. Posso solo elencare in ordine sparso e casuale le città che più mi sono piaciute o più mi hanno colpito positivamente sempre solo considerando quelle fra le più conosciute o di grandi dimensioni. E allora potrei citare Roma, Parigi, Londra, Amsterdam,  Barcellona, Lisbona, Stoccolma, San Pietroburgo, Istanbul, Shangai. Hong Kong, Bangkok, Singapore, New York, Miami Beach, Melbourne.
Sicuramente ho fatto torto a tante altre città non citate, ma altrettanto sicuramente posso affermare che in testa alla classifica delle città più strane per le loro stravaganze e per i loro eccessi ci sono Las Vegas e Dubai.


domenica 23 agosto 2015

Patagonia: uno spettacolo da "paura"

Siamo all’aeroporto di Buenos Aires in una tranquilla mattinata di agosto io, mia moglie e due nostri amici medici di Torino che hanno deciso di condividere con noi questo viaggio piuttosto ardito che  prevede la visita dell’Argentina e del centro-sud del Brasile: da Buenos Aires alla Patagonia, dalle cascate di Iguazu a Salvador de Bahia passando per San Paolo fino a giungere a Rio De Janeiro. Vuol dire, con i voli intercontinentali, trentacinquemila chilometri mal contati , undici aerei (quasi uno al giorno di media),  tre navigazioni, bus e van e infine  scarpinate, tutto racchiuso per motivi di tempo in soli quindici giorni.

Abbiamo visitato il giorno prima la bella città di Buenos Aires e attendiamo il volo che dovrebbe portarci  in Patagonia e precisamente ad Ushuaia ossia alla “fin del mundo”, alla Terra del Fuoco
Ushuaia - Argentina 2015

meta sognata da tutti i viaggiatori . Ma ecco che l’altoparlante dell’ aeroporto smorza i nostri entusiasmi comunicando che il volo è rimandato per il momento di un’ ora a causa delle cattive condizioni atmosferiche della località di destinazione: mi attivo subito per capirne di più e mi viene spiegato che ad Ushuaia sta soffiando un forte vento che non permette l’ atterraggio in sicurezza  e si daranno  nuove informazioni a distanza di un’ ora. L’ora successiva il rituale si ripete fin tanto che arrivati  alle undici senza miglioramenti atmosferici la Lan, ossia la nostra compagnia aerea, decide di annullare il volo. Per noi è un problema perché con un viaggio tutto ad incastro che non prevede soste prolungate e mete a ripetizione distanti migliaia di chilometri fra loro vuol poter dire rinunciare alla Patagonia, cioè ad una delle cose più belle del viaggio. Contattiamo il tour operator locale al quale spieghiamo  tutto e riusciamo a farci riposizionare su un volo delle Aerolineas Argentinas del primo pomeriggio: ci spiega che è l’unica possibilità , ammesso che non venga annullato anche quello,  perché poi per due giorni tutti i voli per quella tratta sono pieni.

Il volo della durata di tre ore e mezzo questa volta parte regolarmente ma giunti in prossimità della Terra del Fuoco quando l’aereo deve iniziare le manovre di atterraggio, che come si sa sono le più delicate del volo, veniamo colpiti da raffiche di vento che fanno oscillare il velivolo con violenza a destra e a sinistra con l’aggiunta di vuoti d’aria considerevoli il tutto avvolto dalle nuvole che impedivano di vedere nulla all’esterno. Solo di tanto in tanto si usciva dalle nuvole e lo spettacolo che si presentava di sotto era da ”paura” per la sua bellezza: montagne e ghiacciai, steppa e laghi, lo Stretto di Magellano, il Canale di Beagle con i suoi isolotti. 
Canale di Beagle - Argentina 2015

Ma più da ”paura“ era per il momento l’atterraggio in quelle condizioni. Solo una volta all’aeroporto di Genova di ritorno da un viaggio di lavoro a Roma mi era capitato di atterrare con vento forte (il volo stava per essere dirottato a Linate), ma quello era veramente nulla a confronto. Tutti sull’aereo erano in religioso silenzio, la passeggera seduta vicino a mia moglie era bianca come un lenzuolo e pregava, altri si facevano il segno della croce .Io devo ammettere che nonostante abbia più paura a viaggiare in auto che non in aereo, non fosse altro per le centinaia  di ore di volo fatte,  in questo caso anche io ho temuto più di   quando ho viaggiato con la maschera di ossigeno a causa del guasto alla pressurizzazione come in precedenza raccontato: la differenza la fa forse anche che in quel caso non avevo ancora una figlia!.
Quando l’aereo ha toccato il suolo si è sentito un comune respiro di sollievo ed  è scoppiato un fragoroso applauso rivolto al pilota come succedeva nei voli  degli anni settanta.
Per rendere l’ idea di quel volo a rischio ha parlato la televisione argentina e quel giorno a causa del vento è stata sospesa la navigazione nel Canale di Beagle ed è stato chiuso il Parco Nazionale della Terra del Fuoco per la caduta di alberi.

A quel punto pensiamo di aver sbagliato a voler visitare la Patagonia
Perito Moreno - Argentina 2015

in quello che è il loro  periodo invernale, ma ci viene prontamente spiegato che in inverno è vero che possiamo trovare tormente di neve, ma per quanto riguarda i venti sono sicuramente più forti in estate che non in inverno.
Il giorno successivo il vento cessa e riusciamo ad inanellare una serie di giornate di tempo bello e soleggiato con temperature sopra lo zero almeno nelle ore diurne che ci permettono di visitare il Parco Nazionale della Terra del Fuoco, di navigare nel Canale di Beagle ed osservare cormorani e leoni marini (non i pinguini che da aprile a settembre stanno in mare), di girare per la cittadina di Ushuaia, la città della “fin del mundo” ossia la città più a sud del mondo da dove partono le spedizioni per l’Antartide e assaggiare le specialità del posto dal merluzzo nero al granchio gigante.

Il giorno successivo
Perito Moreno - Argentina 2015
con altro volo ci spostiamo ad El Calafate per la navigazione sul Lago Argentino in mezzo agli iceberg e la visita dei grandi ghiacciai, per concludere con la visita del mitico Perito Moreno che non è fra i ghiacciai più grandi, è il settimo per ampiezza, ma è sicuramente il più spettacolare per la sua posizione e lo si può ammirare dall'alto dalle passerelle e dal basso navigando aspettando il distacco di parti di ghiacciaio che avviene con grande fragore.

mercoledì 29 luglio 2015

Guidare nel deserto di sabbia e nella savana

GUIDARE NEL DESERTO DI SABBIA


Guidare nel deserto, così come guidare nella savana, non è consigliabile a chi non è esperto e soprattutto a chi non conosce i posti.  I pericoli sono numerosi, la guida è totalmente diversa e perdersi è la cosa più facile seppure la moderna tecnologia sia senz’altro di grande aiuto.
Deserto di sabbia - Marocco 2004
Chi volesse magari per un breve tratto provare l’ebrezza deve tenere conto di alcune cose. Come prima cosa consideriamo che solo un fuoristrada può intraprendere il deserto di sabbia e non certo i suv che usiamo nelle nostre città. Come seconda cosa è bene abbassare di circa un paio di atmosfere la pressione delle gomme perché così meglio aderiscono sulla sabbia. A questo punto possiamo partire ricordando che le piste possono venire cancellate dalle tempeste di sabbia per altro molto fastidiose quando si incontrano.

Quando capita di affrontare una duna piuttosto alta frontalmente dobbiamo inserire una ridotta e accelerare tutto senza paura fino a raggiungere la cima per catapultarci poi al di là e scenderla allentando l’accelerazione: solo in questo modo non si rimarrà insabbiati. Ovviamente mai fermarsi dietro alle dune perché chi arriva dietro di noi, anche lui ad una certa velocità, non può vederci e rischia di centrarci in pieno. Quando invece percorriamo la cresta di una lunga duna di sabbia e dobbiamo scenderla per andare dall’altra parte, allora conviene percorrerla in orizzontale per abbassarci verso valle poco alla volta e non rischiare inutili insabbiamenti.
Giordania - Dune del Wadi Rum - 2013
Ricordarsi che è bene avere sempre con sé un badile e una fune per traino ed essere almeno due veicoli.
Se poi proprio si vogliono fare tragitti lunghi non dimenticarsi le scorte di carburante, acqua e cibo e che nel deserto di notte fa parecchio freddo!

GUIDARE NELLA SAVANA

Il veicolo adatto a percorrere le piste della savana deve essere un 4x4 possibilmente con sospensioni rinforzate e blindato di sotto (per evitare ad es. la rottura della coppa dell’olio).

La velocità da tenere percorrendo la savana non deve essere ovviamente molto elevata ma neppure eccessivamente ridotta altrimenti si sentono troppo i buchi e gli avvallamenti e a fine giornata i nostri organi interni, nonché le ossa, hanno subito una serie  inimmaginabile di sollecitazioni.
Savana - Kenya - 1987
Il pericolo maggiore della guida nella savana è sicuramente l’attraversamento di animali: pericolo non solo teorico ma reale come ho potuto constatare quando ero in Kenya ed ho assistito personalmente a più di un incidente di cui uno mortale.
Ricordarsi che non si può scendere dal veicolo dove c’è la possibilità di presenza di animali feroci, così come non ci si può fermare nei posti di passaggio degli elefanti i quali non schivano niente ma travolgono ogni cosa nel loro passaggio  (ho visto una colonna di elefanti abbattere un baobab sul loro cammino!).

Mai lasciare le piste se non si è pratici del luogo: esistono davvero e non solo nei film le sabbie mobili!.

sabato 25 luglio 2015

FORMENTERA ieri e oggi. E una riflessione


Sono da poco ritornato non da un viaggio questa volta, ma da un soggiorno da Formentera. Mia moglie Stella è appassionata di mare.
Formentera 2015

La Formentera che mi si presenta è diversa da quella che avevo sentito descrivere da chi ci era andato venti o venticinque anni fa quando già comunque non era più l’isola degli hippy di fine anni ’60 o anni ’70. A ricordo di quei tempi è rimasto solo il finto mercatino hippy 
Mercatino hippy - Formentera 2015

che si tiene la domenica e il mercoledì sera a Epilar de la Mola. Ma negli ultimi venti anni  l’isola è molto cambiata. Intanto come è avvenuto in tanti altri posti le infrastrutture turistiche si sono moltiplicate. Una volta vi erano due alberghi in tutta l’isola, ora ve ne sono parecchi così come molti sono i ristoranti, i bar, ecc. anche se sono molti i turisti che soggiornano in case d’affitto. Ma è cambiato anche il tipo di turismo. Una volta l’isola era affollata per tutta la stagione principalmente da turisti tedeschi, ora i tedeschi la affollano nei mesi da aprile a giugno e settembre e ottobre sfidando anche il rischio meteo; a luglio e agosto l’isola è letteralmente presa d’assalto dagli italiani.
Quello che non è cambiato è l’assoluta bellezza del mare e delle sue spiagge.

A Formentera si arriva atterrando all’aeroporto di Ibiza dove si ferma chi predilige la vita movimentata, le feste, le discoteche e si accontenta di un mare un po’meno bello.
Formentera 2015
Chi predilige il mare più bello e la vita più tranquilla raggiunge il porto di Ibiza e si imbarca per Formentera, la più piccola delle Baleari lunga poco più di venti chilometri.
Appena arrivati a destinazione sono due le cose da fare: comprare un ombrellone di quelli che stanno nella sacca a tracolla e noleggiare un mezzo per spostarsi. Infatti il bello è cambiare tutti i giorni spiaggia, una più bella dell’altra ma tutte molto assolate senza una pianta nei dintorni o un filo d’ombra. Il mezzo più noleggiato è senz’altro lo scooter, ma io ho preferito una Panda con aria condizionata, considerando la mia scarsa dimestichezza con lo scooter, dove avremmo viaggiato in due con due borse e due ombrelloni su una strada che attraversa l’isola ormai molto trafficata a differenza di anni fa e su strade sterrate e con pietroni per raggiungere le spiagge più belle e meno affollate.
E veniamo alla riflessione.
A Formentera, così come alle altre Baleari, alle Canarie, ecc., è permesso il naturismo in quasi tutte le spiagge.

Da qui nasce il mio pensiero.
Formentera 2015
L’Italia, negli anni ’60, ’70, ’80, si contendeva insieme alla Costa Azzurra la leadership del turismo balneare ed era presa d’assalto dai tedeschi e dagli stranieri in generale con evidenti benefici per la nostra economia. Negli anni a venire si sono sviluppate turisticamente la Spagna, la Grecia, la Croazia, ecc. e noi abbiamo perso enormemente di competitività principalmente per i nostri alti prezzi  e, in alcuni casi per non aver saputo rinnovare ed adeguare le nostre strutture.

Ma a queste cause che sono inconfutabili, non si pensa che bisogna aggiungere il fatto che noi siamo l’unico paese europeo del bacino del Mediterraneo dove il naturismo, con rarissime eccezioni, non è permesso da nessuna parte, né esistono strutture a riguardo. E gli stranieri che lo praticano da sempre per tradizione sono tanti sicuramente fra i tedeschi ma anche austriaci, francesi, olandesi, inglesi, scandinavi che devono per forza di cose rivolgersi ad altri lidi. Inoltre il naturismo sembra sia in aumento anche fra gli italiani che in passato non hanno mai potuto farlo per mancanza di strutture oltre che di cultura come diretta conseguenza, anche se alcuni sicuramente ancor oggi lo vedono come qualcosa di peccaminoso. 
Isola Espalmador - Formentera 2015

Non ho mai sentito parlare di episodi di violenza di nessun genere nei luoghi frequentati dai naturisti e mi risulta ci sia il massimo rispetto per l’altrui persona e per l’ambiente. Anche questo nel suo piccolo contribuirebbe ad aumentare il PIL, a creare posti di lavoro e siccome ci sarebbero più stranieri a fare le vacanze in Italia e se vogliamo anche meno italiani che vanno a farle all’estero, ci sarebbe anche un giovamento per la bilancia dei pagamenti.

Magari un giorno qualche nostro governante ci penserà!

domenica 12 luglio 2015

Giappone: la lontananza non è solo gegrafica

Ho visitato il Giappone nel 2013 quando la mentalità di questo popolo non era più certo quella degli anni del dopoguerra, eppure ancora di più di quello che ho visto, Tokyo, Kyoto, Osaka, Monte Fuji, mi hanno colpito i giapponesi. Un discorso a parte invece per Hiroshima, dove invece le sensazioni che si provano sono simili a quelle provate al Museo dell’Olocausto di Gerusalemme o ad Auschwitz.

Per rendere l’idea di come ragiona e di come è abituato a vivere questo popolo, posso raccontare alcuni episodi vissuti.
Osaka - Giappone 2013
Gli spostamenti interni in Giappone, al contrario di come avviene solitamente nei miei viaggi, erano tutti previsti in treno con le linee ad alta velocità in quanto assai più rapidi che in aereo considerando anche i tempi necessari per i voli (raggiungi l’aeroporto, arriva da 1 a 2 ore prima, passa i controlli, attendi il bagaglio all’arrivo, raggiungi il centro a destinazione, ecc.).
Ora se mi limitassi a dire che in Giappone i treni funzionano bene e sono velocissimi,  che un minuto di ritardo non è concepibile o che la pulizia delle carrozze  è da sala operatoria, avrei semplicemente detto delle banalità che tutti sanno come già anch’io immaginavo ancora prima di partire. Ma le cose che mi hanno colpito sono altre. Tutti attendono il treno sui binari in appositi spazi delimitati da righe gialle a seconda del numero di carrozza e di posto a sedere prenotato.
Treno in Giappone - 2013
Io ero ben intenzionato a non farmi riconoscere come italiano non rispettoso delle regole e cercavo sempre di seguirle e rispettarle, ma una  volta mi si avvicina un ferroviere e prontamente mi richiama facendomi notare che una mia scarpa non era completamente all’interno delle righe gialle. Quando il treno arriva scendono i passeggeri e se la stazione è di fine corsa salgono velocemente gli addetti alle pulizie che in pochi minuti svolgono il loro lavoro e salgono i macchinisti che più che altro per portamento e divisa sembrano piloti d’aereo. I sedili vengono automaticamente tutti orientati nel senso di marcia ed infine salgono i passeggeri. Tutto avviene in tempi rapidissimi. All’interno tutto ha una propria collocazione, dai bagagli più ingombranti al porta giacca o al porta borsa; i bagni pulitissimi sono dotati di fasciatoio per i piccoli e di ogni accessorio; vengono segnalati tempi, percorso  e stazioni sia su display che acusticamente anche in inglese. Ma la cosa in assoluto che mi è rimasta più impressa sono i controllori: entrano nella carrozza, congiungono le mani e fanno un inchino, quindi iniziano con inusuale gentilezza a controllare i biglietti e prima di abbandonare la carrozza per quella successiva si girano verso i passeggeri e nuovamente fanno un inchino di saluto e riverenza verso i passeggeri sempre a mani congiunte.
Osaka - Giappone 2013
Un giorno a Tokyo io e mia moglie ci trovavamo in un mercato nelle vicinanze di un famoso tempio e, complici un’abbondante colazione ed il caldo decidiamo di saltare il pranzo e prenderci solamente un gelato. Ci avviciniamo ad un chiosco di gelati posizionato in mezzo alle bancarelle e ordiniamo due gelati: vedo il gelataio piuttosto titubante a darci questi due coni e penso a problemi di lingua o comunque di comprensione, ma ben presto capisco il suo timore: dovevamo prima assicuragli che avremmo mangiato i due gelati negli appositi spazi accanto al chiosco e non andando in giro per il mercato con il rischio di sporcare.
Tokyo - Giappone 2013
Nelle città giapponesi è molto difficile trovare cestini per i rifiuti in quanto sono rarissimi eppure per terra non si trova un pezzo di carta. Come si spiega? Semplice, ognuno porta a casa propria i rifiuti e li penserà a smaltirli. Allo stesso modo non si trovano cicche di sigarette perché è comunque addirittura in tanti posti vietato fumare anche all’ esterno: esistono apposite aree interne od esterne per fumatori.
A Kyoto sono stato richiamato da un inserviente dell’hotel perché mi sono trattenuto a parlare con un conoscente nel bel mezzo della pur vastissima hall anziché fermarmi di lato e non ingombrare troppo.
Infine devo ammettere che non sono mai riuscito ad imparare bene l’uso dei water che in Giappone sono dei veri e propri elettrodomestici (sono proprio venduti nei negozi di elettrodomestici) con funzionamenti diversi fra loro ma che sono in grado di scaldare l’asse, alzarlo e abbassarlo elettricamente, profumare, fare il bidet (non lo consiglierei comunque nei locali pubblici), tirare l’acqua, fare il risciacquo e non ricordo cosa altro.
Tempio d'oro a Kyoto - Giappone 2013
Mi hanno spiegato, come già sapevo e come detto in premessa, che il popolo giapponese è molto meno rigido di un tempo e che anche il loro orario di lavoro e le loro ferie oramai sono quasi in linea con i nostri standard: ma è altrettanto vero, mi dicevano, che quasi nessuno fa solo le canoniche otto ore di lavoro al giorno o si gusta i trenta giorni di ferie all’anno, ma senza ovviamente pretendere il pagamento degli straordinari.
Si, lo ammetto, per me è molto difficile capire la mentalità di questo popolo ed il mio modo di pensare e ragionare è molto diverso. Ma mi rendo altrettanto conto che se alcune delle loro cose le facessimo nostre vivremmo sicuramente meglio. Il giusto mezzo sarebbe, oltre che  possibile, ideale.

D’altro canto non si spiegherebbe come una nazione non molto grande e con  meno di cento milioni di abitanti, uscita a pezzi dal secondo conflitto mondiale, sia potuta diventare la seconda potenza economica del mondo.

venerdì 10 luglio 2015

Le spiagge più belle del mondo

Quando leggo questi articoli su giornali o riviste o in internet con rispettive classifiche e foto mi viene l’orticaria.
Varadero - Cuba 2003
A parte la soggettività della cosa, ma per stilare una classifica o scrivere un articolo di questo tipo si presuppone che uno abbia avuto la possibilità di visionare anche di fretta tutte o tantissime delle spiagge sparse in ogni luogo del nostro pianeta: ma poiché le spiagge sono centinaia di milioni dislocate veramente ovunque (pensiamo che la sola Indonesia è formata da circa 15.000 isole anche se alcuni solo scogli) e tutta la vita a fare solo questo non sarebbe sufficiente.
Ecco che allora, messa da parte un po’ di presunzione, uno potrebbe al massimo dire quelle che sono a suo giudizio le spiagge più belle che ha visto.
A me non interessa certamente cimentarmi in queste classifiche, ma mi piace fare un’osservazione. Premesso che ognuno è ovviamente libero di fare ciò che vuole, non ho mai condiviso il pensiero che  spesso mi capita di sentire da alcuni: "Siamo andati a fare una settimana di mare in Messico", piuttosto che  "Ho fatto quindici giorni di mare in Thailandia"  aggiungendo: "senza vedere niente".
Akumal - Messico 2008
Ora io dico, se ti piace il mare bello e non ti interessa altro, perché vai a farti dieci ore di aereo o più ad andare ed altrettante a tornare, sostenendo anche determinati costi ,quando con un’ora di aereo puoi raggiungere spiagge e mari come quelli della Sardegna o del Salento che poco o nulla hanno da invidiare a tutti gli altri? Diverso è il caso di chi al termine di un tour  decide di fermarsi  alcuni giorni  in un bel posto per fare un po’ di mare e riposarsi prima di tornare.
E’ infine evidente che se proprio si vogliono osservare certi  fondali  in quanto appassionati di snorkeling o diving o si vogliono vedere  atolli o barriere coralline piuttosto che fare una settimana di mare quando non è possibile alle nostre latitudini, allora il discorso assume un altro significato.

Tanka Village - Villasimius - Sardegna 2012

Porto Cesareo - Puglia 2013

martedì 7 luglio 2015

MALESIA: La clinica degli ORAGUNTAN e tanto altro

Arrivo in Malesia nel 2009 e trovo un paese in pieno boom turistico. Mi spiegano più persone tutte concordi fra di loro che la causa principale di questo sviluppo turistico è dovuto al fatto che la Malesia è stata inserita negli ultimi anni nei circuiti della Moto GP e della Formula 1: ecco perché a volte si  spendono centinaia di milioni di dollari per  questi eventi!
Si stanno costruendo moltissimi alberghi e infrastrutture turistiche per fronteggiare le crescita esponenziale di turisti e si fa fatica, nonostante tutto, a tenere il passo a questo flusso crescente.
Kuala Lumpur - Malesia 2009
Sarò stato contagiato anch’io nella mia scelta? No, almeno non credo, io sono malato di viaggi e poi continuerò  con Singapore e la mitica isola di Bali in Indonesia.
Dall’ aeroporto in una quarantina di minuti si giunge, passando proprio davanti alla pista di Sepang, nel cuore della capitale Kuala Lumpur, una delle tante metropoli del sud est asiatico.
Kuala Lumpur significa ”foce fangosa”, ove sorse il primo nucleo abitativo,  e le Petronas Towers sono il suo simbolo. La costruzione di queste due torri venne commissionata una ad una impresa giapponese e l’ altra ad una coreana che furono messe in competizione a chi prima finiva. La città, come tante altre in questa parte di mondo, è cresciuta a dismisura e non potevano mancare la China Town e l’India Town.
Una sera, con due nostri amici di Roma, per gustarci la veduta dall’alto by night a 360° andiamo a mangiare in un ristorante girevole piazzato in cima ad un’ altra torre vicino alle più famose Petronas: la vista è mozzafiato, il problema era solo rincorrere i buffet che mentre noi giravamo loro restavano fermi.
Il nostro tour prevede la visita della Malesia da sud a nord, partendo dalla splendida penisola Malacca e risalendo attraversando le foreste che l’hanno resa famosa in Italia, per chi non è giovanissimo, con Sandokan e visitando i numerosi templi. A proposito di templi
Tempio nella roccia - Malesia 2009
ve ne è uno poco a nord di Kuala Lumpur scavato nella roccia che è fantastico con tutte le scimmie saltellanti che fanno da appendice.
Ma la cosa che ricordo con più piacere per la sua peculiarità è un sito nella  foresta adibito a clinica per gli orangutan.
Cucciolo di orangutan
Arriviamo un pomeriggio presto e prima della visita prevista prendiamo alloggiamento nelle palafitte tutte collegate fra di loro da una passerella. Ogni palafitta è una camera d’ albergo per la nostra prossima notte.
La clinica si prende cura degli orangutan che hanno riportato ferite e di quelli che sono stati abbandonati come spesso capita dalle madri e sarebbero destinati a morte sicura. Percorriamo una passerella di legno tutta circondata da robuste reti metalliche per la nostra sicurezza, in quanto pur non essendo animali particolarmente pericolosi se dovessero per un qualche motivo decidere di aggredire l’uomo avrebbero forse la meglio:  quelli in gabbia siamo noi, loro sono praticamente liberi.
Clinica degli orangutan - Malesia 2009
E’ bello vedere da due metri di distanza l’orango che prende la banana, la sbuccia e la mangia lanciando via la buccia, ma ancora più singolare è visitare la nursery dove ci sono i piccoli abbandonati che vengono presi dalle inservienti dalle loro culle e allattati con il biberon.
Da non trascurare in Malesia sono infine le sue spiagge incontaminate di sabbia bianca, specie su alcuni suoi isolotti, per gli appassionati del genere.
Voglio chiudere con una curiosità: è uno dei paesi al mondo che credo abbia il  più alto numero di campi da golf rapportato alla sua superficie.